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30 ottobre 2014

La prova della verità

Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo: «Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t'ha dato quest'autorità». E Gesù disse loro: «Vi farò anch'io una domanda e voi rispondetemi: Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo o dagli uomini?». Lc 20,1-5

I farisei pongono a Gesù due domande: con quale autorità agisce ed insegna e chi gli ha dato questa autorità. 

La stessa domanda viene posta anche a noi quando annunciamo il Vangelo: qual è la nostra autorità e chi ce l'ha conferita. Come risponderemo? Impariamo da Gesù.
Olio della lampada di san Domenico

Innanzitutto, Gesù risponde con un'altra domanda. Non si tratta solo di un'astuzia retorica, ma è anche un modo per coinvolgere chi lo interroga.  Gesù suscita un interrogativo che costringe il suo interlocutore a mettere in gioco se stesso e in discussione le proprie scelte di vita.

Poi, Gesù rimanda a Giovanni, il Battista, a colui che apre la strada, che lo ha indicato come agnello di Dio, che lo ha battezzato nel fiume Giordano, quando è risuonata una voce dal cielo: “questi è mio figlio”.

E' la testimonianza di Giovanni ad attestare che l'autorità di Gesù è quella del Messia e che gli è stata conferita da Dio.

Anche noi dobbiamo indicare, a chi ci chiederà con quale autorità predichiamo, “quel battesimo, [mediante il quale siamo] costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo [a noi] proprio della  funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, [siamo] chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa nel mondo.” [CDC 204.1]

E' quindi, in forza al nostro battesimo e nel nome di Cristo che siamo chiamati ad annunciare la salvezza a tutti i popoli e il regno di Dio. 

Chiunque creda in Cristo è disposto a riconoscerci questa missione e l'autorità che ne deriva, proprio come chi ha creduto in Giovanni, ha creduto anche nel Messia Gesù Cristo. 

Ma chi non crede in Lui? 

Come possiamo rivolgere una parola di salvezza che sia credibile a chi non riconosce la nostra autorità? Come verremo ascoltati? A ognuno di noi spetta di riflettere e di dare una risposta a questa difficile domanda. Io mi permetto di suggerire questo:

Dobbiamo fare ogni sforzo per conformarci al Cristo paziente sulla croce. Ogni nostro gesto e parola deve rimandare a quel supremo gesto di amore. 

Forse così i centurioni di oggi, che presiedono alla passione del corpo di Cristo che è la Chiesa, potranno esclamare: “Veramente quest'uomo è Figlio di Dio!”. 

Non nella sicumera e non nell'arroganza, non nello spirito di vendetta e non nel risentimento, ma nell'umiliazione e nel perdono, nell'amore e nell'affidamento a Dio testimonieremo il Cristo.

Fu la povertà silenziosa, pellegrina ed eloquente dei monaci celti a ri-evangelizzare le popolazioni dell'Europa continentale. E' la folle castità dei religiosi a suscitare oggi tra i musulmani come tra gli atei quella domanda: ma chi è Colui per il quale tu fai tutto questo? 

E' questo, penso, il senso profondo delle profetiche parole di Paolo VI: “L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni.

E anche quello del bellissimo messaggio all'Urbaniana di Benedetto XVI: “L’amore, che si realizza e si rispecchia in modo multiforme nei santi di tutti i tempi, è l’autentica prova della verità del cristianesimo”.

Lo ribadisco: E' l'amore l'autentica prova della verità del cristianesimo. Chi non riconoscerà l'autorità del nostro battesimo, chi non riconoscerà l'autorità del Cristo, dovrà riconoscere l'autorità dell'amore che si realizza e si rispecchia nei santi di tutti i tempi.

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