Pagine

2 settembre 2015

Il furto di Dio

I quattro giovani frati che questa sera, durante la Celebrazione Eucaristica, emetteranno la Professione semplice ci offrono una breve testimonianza sul significato di questo momento tanto importante della loro vita, attraverso il quale saranno incorporati nell'Ordine dei Predicatori.

1 L'astuzia del ladro

Il giorno che trasfigura la nostra vita è un giorno che non dura un sol giorno, ma molti giorni: è un inizio. Tutto si apre con un grido: nasce un moto dentro l'uomo, qualcosa che carsicamente lo preme, lo permea ed infine lo plasma. È difficile accorgersene: Dio, davvero, come un ladro nella notte entra  nell'intimo, ne scardina gli usci, ne sfonda le serrature: è giunto a rapire il cuore. Ci si addormenta ed un mattino ai primi respiri di luce non si trova più ciò che si è.

Non è qualcosa che può essere evitata, non v'è soluzione: l'Amabile Intruso conosce gl'ingressi, entra e prende ciò che rivendica come Suo. Non sottrae tutto, ma solo la metà di ogni cosa. Perché? Vuole essere inseguito, vuole essere ritrovato: senza la parte mancante di noi, non possiamo essere pienamente noi stessi, ma solamente in ricerca di noi stessi. Si ode quell'urlo senecano: "Vindica te tibi" [Rivendicati a te stesso]. L'uomo desidera comprendersi, sa di essere un mistero, un mistero che è dato a se stesso e che si è trovato ad essere tale in tutto ciò che è: dal luogo di nascita, alla data, ai genitori, ai tratti somatici. Quello stesso uomo che "per natura tende al sapere" naturalmente è affascinato dal radicale monito di Delfi: "Conosci te stesso". Conosci te stesso ... eppure è proprio quel "te stesso" che l'Altissimo ha trafugato.
Così alla ricerca di sé, inevitabilmente l'uomo inizia la ricerca di Dio. Il Signore, infatti, vuole lasciarSi trovare. Qui accade un miracolo, colui che Lo raggiunge, alla fine, abbandona il proposito di riprendersi, di riconquistarsi, ma finisce col rendere anche quel poco che gli rimaneva di sé. Ma come può accadere questo, dopo una tanto grande fatica? Torna una voce: "Vindica te tibi" – sfuma il suono, si sente un eco – "Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva" (Lc 17,33).

2 La magnacarta del consacrato

Questa è la microstoria di un qualsiasi consacrato: nacque, crebbe sino alla coscienza di sè, Dio gli rubò il cuore - ciò di cui gli era sorta coscienza - e quello s'innamorò. Ma l'amore non fu per lui né solo un sentimento – si trovò, infatti, desolato nel vedersi svuotato di sè – non fu neanche una fiamma di passione, fu semplicemente un dono: diede tutto a prescindere da tutto. I religiosi non conoscono cosa Cristo sceglierà per loro nella figura autorevole dei superiori, solo sanno che tutto quanto accadrà lo accoglieranno come un pegno sponsale. Donare la vita, infatti, significa conoscere l'arte di riceverla come un dono in ogni circostanza, riceverla non rifiutando nulla a chi ti domanda nella chiarezza della sua autorità. Come può accadere questo? Non è contraddittorio? È la follia della Croce, in vero così densamente logica da risultare incompresa da molti se dicenti logici. Ma, infatti, la logica di Cristo non è una logica che si lascia comprendere, ossia una logica comprensibile, quanto piuttosto è una logica comprensiva: l'uomo non la può acquisire sino a quando non si è lasciato acquistare da Essa, dal Sangue del Salvatore. Chi ama, del resto, ha come unico interesse colui che ama, dove inter esse significa essere tra: così colui che, dandosi, si era perduto, ritrova se stesso nel dono che l'altro fa di sé. Lì, infatti, è il suo cuore: nel cuore di ciò che ama.

3 Dal cuore rapito al cuore del carisma ritrovato

Oggi, alle 19, noi professeremo; derubati da Cristo, ci doneremo a Lui, rimettendoci nelle mani di chi lo rappresenta: il padre provinciale, fr Fausto Arici op. Tutto è iniziato per ciascuno con questo furto d'interiorità, diverso per ognuno, in vero, ma simile nel suo centro: il domenicano s'innamora di Dio, il Quale tuttavia non è un'entità anonima, nè il suo rapporto con noi qualcosa di astratto. Dio è tre Persone in una sola sostanza che assume un volto concreto nella vita di chi Lo cerca. Di questo viso alcuni hanno colto la nudità ed hanno ricercato come proprio carisma la povertà; altri sono rimasti sedotti dal Suo affacciarsi sulle miserie umane ed hanno fondato movimenti di vita attiva. Il domenicano, così noi che oggi abbracciamo questo Ordine, è rimasto colpito certo da ciascuna di queste cose, ma in maniera servile, cioè considerandoli mezzi di una cosa soltanto: ciascuno di noi ama la Verità. Cristo-Verità, senso profondo dell'uomo e di tutte le cose, è il proprio del domenicano. Egli Lo contempla e Lo segue. Entrambe sono azioni proprie della vita estremamente densa dell'Ordine dei Predicatori: con la contemplazione - che si declina nella preghiera liturgica e segreta, come nel radicato e sistematico studio - si apre ed entra nell'Immutabilità della Verità, nel nucleo della Sua Gloria, la Quale non cambia. Una verità, infatti, che non fosse più tale non sarebbe mai stata vera. Così neppure il frate predicatore teme più i cambiamenti della storia coi suoi peregrini imprevisti, giacché non sono più che un soffio e né sono più capaci di mutarlo sostanzialmente.


Con la sequela, poi, il domenicano si inserisce nella Dinamicità della Verità, il Quale si dà alle intelligenze in maniera, per così dire, transfusiva, esigendo con la sua comprensione l'immediata diffusione. Ecco la predicazione, ossia il modo con cui il domenicano partecipa alla glorificazione di tutte le cose: e dove Dio può essere maggiormente glorificato, se non nella Sua immagine che è l'uomo? Davvero, per tale ragione, il domenicano opera tutto per la salvezza delle anime come primo fine della sua missione. Egli è un uomo che dona la sua vita a Dio per la salvezza dell'uomo, nell'unica e vera cruna dell'ago: il vero. In essa è difficile passare: si potrebbe essere poveri, onesti, geniali, lustri o capaci anche dei più sensazionali miracoli, ma se non lo si è per la Verità non gioverebbe a nulla. Essa, infatti, è la prima Carità.

Nessun commento:

Posta un commento